domenica 21 agosto 2016

Giuseppe Pontiggia, La grande sera

Questo romanzo di Pontiggia descrive mirabilmente un mondo così algido e cerebrale da risultare insopportabile.
Tutti fingono di attendere chi é scomparso ma rimangono chiusi nei loro egoismi e nelle loro menzogne.
Io non credo, però, che nelle relazioni umane sia sempre sera e che non ci sia mai nulla di vero, di semplice, di pulito.

La copertina dell'edizione che ho letto, quella della collana Novecento Italiano della San Paolo, insiste sulla scomparsa dell'uomo, della sua assenza che é segno di una sua non esistenza. Forse, però,  migliore é la copertina dell'edizione Mondadori, che mostra lunghe ombre di sconosciuti persi in mezzo ad una piazza: il romanzo é la riflessione su un'assenza più che su un assente.

venerdì 12 agosto 2016

Giovanni Arpino, Una nuvola d'ira

Anni Sessanta. Sperata é sposata con Matteo ma ha anche una relazione con Angelo: ma i tre sono diversi, convinti di poter sfuggire alle leggi del mondo borghese in nome dell'ideologia comunista per la quale hanno combattuto.
Struggente il personaggio di Matteo, uomo semplice, amante della caccia e della pesca, che si lascia corrodere dalla gelosia ma non sa nominare il sentimento (così borghese e così umano) che prova in fondo al cuore.
Bellissimo il finale.

martedì 2 agosto 2016

Fulvio Tomizza, Il bosco di acacie


Il bosco di acacie tra morte e vita
L'amore per la terra e l'amore per la propria Terra tengono insieme la vita delle famiglie istriane costrette ad abbandonare Materada e, in questi tre racconti (strettamente collegati uno all'altro), alle prese con un'altra terra da coltivare. Da una parte la certezza che non si potrá mai recuperare il proprio mondo e che qualcosa é per sempre perduto (la morte del vecchio, la terra istriana vista dal mare); dall'altra la vita che rinasce e continua (i frutti della nuova terra, il vitello- femmina- che nasce a fatica nella stalla). In mezzo il bosco di acacie, che il protagonista attraversa, quasi fosse un percorso iniziatico: é il simbolo evidente del suo essere di mezzo, non più giovane, ma neanche vecchio, non più vivo davvero, ma nemmeno morto.

domenica 10 luglio 2016

UNO SCRITTORE AL MESE: Giuseppe Pontiggia

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GIUSEPPE PONTIGGIA (Como 1934-Milano 2003) è stato uno scrittore lombardo di grande eleganza e acutezza. Una scrittura per ‘arte di levare’. Levare il superfluo per lasciare solo la parola nella sua estrema chiarezza e lucidità. Ma il racconto  così apparentemente lineare della realtà non semplifica il mondo, ma lo mostra nella sua ambiguità e ipocrisia.

Non si può non apprezzare la sua acutezza, anche se in alcuni testi mi è parso troppo cerebrale e freddo. Non così nel romanzo Nati due volte, molto emozionante (anche se l’autore mantiene sempre il controllo razionale, pur nella sofferenza così autobiografica).

Da notare anche la propensione dell’autore all’autocorrezione, alla riscrittura dei propri testi, all’interminabile opera di revisione: segno di ansia di perfezione, ma anche di grande umiltà.

HO LETTO

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La morte in banca e altri racconti (1952)

Opera prima di Pontiggia, non ancora ventenne. L’ingresso nel mondo del lavoro diventa una discesa agli inferi, una morte. Un anticipo della letteratura del boom economico.

Straordinari nella loro fulmineità i racconti.

Il giocatore invisibile

(1978)

C’è un anonimo che denuncia una disattenzione etimologica del Professore: la sua etimologia del termine ipocrita è scorretta. Chi ha scritto questo pungente articolo? Perché odia così tanto il professore?

Il raggio d’ombra (1983)

Chi è davvero Losi? Il comunista che sfugge ai regime o una spia fascista? E per quale motivo agisce così? E quali conseguenze può avere la paura di Mariano su tutta la vicenda? Tante domande, nessuna risposta

Nati due volte (2000)

Un romanzo coraggioso anche perché autobiografico. Certo Paolo, il ragazzino disabile protagonista del romanzo, non corrisponde del tutto al profilo del figlio di Pontiggia, né il protagonista è solo una proiezione dell’autore. Ma trasfigurare è il modo migliore per capire!

 

mercoledì 6 luglio 2016

Giovanni Arpino, La suora giovane

IL LIBRO IN BREVE

La suora giovane è un romanzo breve ma prezioso, scritto da Giovanni Arpino nel 1959. Mathis, un quarantenne torinese che non si aspetta più nulla dal grigiore della sua vita, si innamora di una giovane novizia, non ancora ventenne. La sua figura pura porta un desiderio di vita e di cose belle nella mente annoiata dell’impiegato, che rinuncia ad una vacua fidanzata pur di inseguire il sogno di questo nuovo amore: nuovo, perché Serena è giovane, ma anche perché il sentimento di Mathis è qualcosa di nuovo.

Reggerà questo amore alla prova della realtà, quando Serena si dimostrerà più scaltra ed avveduta di quanto Arpino ci  abbia lasciato immaginare?

DA LEGGERE IN FRETTA

Un centinaio di pagine da leggere in fretta, anche perché chi legge non vede l’ora di sapere come finisce; e alla fine non lo sa (il romanzo si chiude magistralmente in stazione, di fronte ad una tabella oraria: Mondovì o Ferrara?)

LE COPERTINE

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Einaudi, 1959

Einaudi, 1962

Mondadori (Il bosco), 1966

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Mondadori (Oscar), 1976

Garzanti, 1988

Dalai editore (I tascabili), 2011

Le copertine individuano tre elementi del romanzo:

·         l’anonima città di Torino in cui tutti si muovono con velocità (anche i nostri personaggi),

·         Serena, la suora giovane, che non si mostra e fugge via: nessuno riesce a prenderla, nemmeno Mathis

·         Mathis in collina guarda fuori dalla finestra: ipotizzando il suo futuro, sta scoprendo la sua identità.

Mi piace molto la copertina della Garzanti, ma la più coerente con il fascino del romanzo è senz’altro quella dell’editore Dalai.